I Malaspina
Il casato Malaspina (cos ì denominato a partire dal Marchese Alberto verso il 1124), nonostante che col passare degli anni si sia ulteriormente diviso in vari rami, conservò sempre quell'unità che gli dava la forza necessaria per difendere ed affermare la propria influenza politica sulla zona soggetta, estendentesi non solo nella Valle Staffora, ma anche in quella della Trebbia e del Curone, oltre che nella Lunigiana, terra originaria, secondo alcuni Autori.
L 'appoggio che i Marchesi seppero tempestivamente dare alla causa Imperiale, opponendosi vigorosamente ad ogni tentativo dei Comuni limitrofi di delimitare e di imbrigliare la loro giurisdizione feudale, giovò alla conservazione del loro predominio e al quieto vivere, dal punto di vista politico, della zona infeudata. Infatti, dapprima (1164) Federico I Barbarossa e, poi, (1220) Federico Il e Carlo N (1355) confermarono ai Malaspina beni e privilegi con Diplomi, che costituiscono pure fonti indispensabili per la storia dell'organizzazione territoriale locale.
Feudi Malaspiniani Relativamente al territorio considerato, già col Diploma di Federico Barbarossa ( 1164) i Marchesi Malaspina ottennero l'investitura o la conferma dei Feudi di Pregola, S. Margherita, Menconico, Cella, Monteforte, Varzi, Oramala, Pietragavina, Sagliano, Casarasco, Pizzocorno, Piumesana, Godiasco, Fortunago. Tali circoscrizioni amministrative continueranno nelle successive delimitazioni comunali.
Altri feudi
Non tutto il territorio della nostra attuale Comunità era però soggetto ai Malaspina, Bagnaria, ad esempio, già dal 1157, dipendeva dalla giurisdizione civile dei Vescovi di Tortona, i quali successivamente la subinfeudarono ai Conti di Lavanna.
Cecima fu donata (943) dal Re Ugo e dal figlio Lotario, associato al padre nel Regno, al Vescovo di Pavia e ai suoi successori, i quali la tenevano ancora verso la fine del XV sec . Il Feudo di Montesegale, in un primo tempo (1157), confermato al Vescovo di Tortona dal Papa Adriano IV, venne dal Barbarossa assegnato ai Conti Palatini di Lomello.
Montalto Pavese, già appartenente alla nobile famiglia Belcredi, fu donato al Comune di Pavia da Federico I Barbarossa nel 1164, successivamente passò ai Duchi di Milano che lo infeudarono a loro volta e quiò ancora ai Belcredi.
Borgo Priolo, unitamente ad alcuni luoghi della Val Coppa, formava il Feudo di Torre del Monte. Già dei Vescovi di Tortona, Torre del Monte fu ceduta ai Pavesi dal Barbarossa; passò ai Marchesi del Monferrato e quindi ai Visconti nel 1362 ad opera del Generale visconteo Luchino Dal Verme. Zavattarello e Romagnese invece erano soggetti, fin dal secolo IX, al Monastero di Bobbio e al Vescovo, dal l014, anno in cui venne costituita la Diocesi di Bobbio. Dopo varie vicende, il Vescovo infeudò i due luoghi a Iacopo Dal Verme (1387), illustre membro della casata destinata a rivestire notevole importanza nella storia locale. Infine il Feudo di Ruino, che dopo la donazione fatta da Ottone II (972) al Monastero bobbieò al Vescovo e quindi anch'esso ai Dal Verme e ad altri Signori.
I Castelli
Con l'avvento e l'affermarsi dei vari Feudatari, quasi ogni cocuzzolo delle nostre valli fu munito di castello o rocca. Durante i secoli successivi, alcune fortificazioni caddero in rovina e rivivono ancora nel toponimo; altre invece furono ricostruite, in modo speciale nei secoli XV-XVI. Con la Rivoluzione Francese e la conseguente soppressione dei Feudi ( 1797) ad opera di Napoleone Bonaparte, tali costruzioni, dotate di funzioni difensive e di sorveglianza, divennero pacifiche abitazioni dei discendenti delle nobili famiglie.
Attualmente solo qualche castello (Pozzolgroppo, Torre degli Alberi, Montesegale) gode della presenza umana; altri purtroppo versano in uno stato di completo abbandono e di trascuratezza colpevole, ma resistono ancora alle « sberle del tempo ».
Il Ducato di Milano
Non si deve dimenticare che tutta la Lombardia condivise le sorti del Regno d'Italia, governato dopo i discendenti di Carlo Magno, dagli Imperatori e Re di famose casate germaniche. Allorchè a Milano i Visconti, in un primo tempo e gli Sforza, successivamente, riuscirono a diventare delegati dell'Imperatore, dal quale appunto avevano ricevuto le prerogative feudali, anche le nostre vallate si inserirono nel contesto delle vicende del Ducato di Milano e pi ù specificatamente della Contea Pavese, eretta in Principato il 12 giugno 1499. |
Napoleone Bonaparte Napoleone Bonaparte, vittorioso nelle « campagne » d'Italia, inser ì il Vogherese nel dipartimento di Genova, dipendente direttamente dalla Francia. La fine dell'epopea napoleonica e la reintegrazione in Europa dell'equilibrio pre-rivoluzionario, operata dal Congresso di Vienna (1815), ripristinò le condizioni politiche del 1748, che perdurarono fino al 1859.
La Provincia di Bobbio Nel 1815 anche Bobbio era stata elevata a sede di Provincia e ciò a spese di quella di Voghera. Relativamente al territorio dell'attuale Comunità Montana, la nuova Provincia di Voghera comprendeva allora (1815) i Comuni di Godiasco, Montesegale, Rocca Susella, Borgoratto Mormorolo, Staghiglione, Montalto Pavese, Trebbiano, Pizzocorno, S.Ponzo, Cecima quella di Bobbio invece i Comuni di Pregola, S. Margherita, Cella di Bobbio, Menconico, Varzi, Pietragavina, Sagliano-Crenna, Bagnaria, Val di Nizza, S. Albano, Fortunago, Ruino, Valverde, Zavattarello e Romagnese.
La Provincia di Pavia Nel 1859, in seguito alla seconda guerra d'indipendenza, la nuova provincia di Pavia, inglobò i territori tradizionali, già appartenenti al glorioso Principato. Perciò le pertinenze politico-amministrative delle provincie di Voghera e di Bobbio furono aggregate a Pavia e i due capoluoghi vennero ridotti al rango di sede di Circondario, conservando la precedente superficie territoriale provinciale.
Vita della nostra gente Le popolazioni locali non avvertivano però, se non minimamente, i cambiamenti che, lungo il corso dei secoli, si verificavano nel Governo della zona. Per loro si trattava sempre di ubbidire e di lavorare, onde condurre una esistenza tranquilla e produrre quelle derrate indispensabili al proseguimento della vita, la meno grama possibile.
Artigiani e burocrati
Solo le popolazioni di Varzi, Godiasco, Rivanazzano, ZavattareIIo conducevano una esistenza meno stentata, già dai secoli" alto-medioevali (XI -XV). In queste località fior ì quella schiera di uomini d'arme e di artigiani (fabbri, maniscalchi, calzolai. ..) che provvedevano alla difesa del castello e del borgo e alla costruzione di quei manufatti indispensabili alla vita della popolazione. Si formò pure un ceto di persone addette al funzionamento della giustizia e della adeguata applicazione delle leggi statutarie, ai pubblici servizi (manutenzione della viabilità, regolazione delle acque, stima di beni, controllo dei pesi e misure, banditori di ordini marchionali, esattori...).
Varzi e il commercio
I centri menzionati, ma in modo speciale Varzi, si affermarono come luoghi di sosta e di ristoro per le numerose carovane di cavalcature in transito (Cfr . Doc. c). I Marchesi Malaspina infatti, costituirono dei procuratori che favorissero la sicurezza dei viaggiatori e dei mercanti diretti nel bobbiese. nel piacentino e nel genovese e stipularono coi Pavesi convenzioni particolari, relative ai traffici commerciali tra Pavia e Genova attraverso le valli Staffora e Trebbia. In margine alle attività commerciali si affermavano tutte le infrastrutture ad esse inerenti: taverne e stallazzi, botteghe di sellai e maniscalchi.
Del movimento commerciale nelle nostre valli, Varzi si trovò indubbiamente privilegiata se ebbe l'autorizzazione al cambio di moneta e alla riscossione del pedaggio. Nelle nostre valli passava pure (consenzienti i Malaspina) un rigoglioso commercio clandestino di sale che, dal litorale ligure, era diretto a Voghera, Pavia, Milano e perfino a Bellinzona. Commercio illegale quest'ultimo che rappresentò la pi ù notevole delle eccezioni e conferma quel modo di vita semplice ed onesto della nostra pacifica e laboriosa popolazione.
Gente onesta
S ì, gente pacifica e laboriosa, che agisce giustamente e non gradisce le ingiustizie; che ha amato ed ama la propria libertà e l'ha difesa e la difende dai vari totalitarismi; che purtroppo ha dovuto soccombere dinanzi alla forza degli esosi dominatori stranieri nei secoli XVI-XIX. Nel 1° decennio dell'800, a Zavattarello furono inviati dal governo francese adeguati rinforzi di gendarmi per tenere sotto controllo le popolazioni, scese in rivolta perchè esasperate dalle continue guerre napoleoniche, che richiedevano indiscriminate coscrizioni, requisizioni di cavalcature, buoi e cereali, tassazioni e spogliazioni continue.
Unità d'ltalia Allorchè nel dominio delle nostre vallate, al francese succedette il Governo piemontese e quindi tutta l'Italia fu unita al Regno di Piemonte (1861), la vita quotidiana delle popolazioni locali. non pi ù turbata da alcun torbido politico e militare, seguitò secondo quel caratteristico ritmo tradizionale di laboriositàà (Cfr. Doc. d).
Vie di comunicazione
Già duranà d'ltalia. le nostre amministrazioni comunali affrontarono (e cercarono di risolverlo concretamente) il problema delle vie di comunicazione.
Le antiche vie (sentieri e mulattiere) , intersecanti il nostro Appennino, intermedio tra il litorale ligure-tirrenico e la pianura padana, furono messe in crisi dalla lenta e silenziosa evoluzione del secolare ritmo di vita, divenuto pi ù sensibile agli spostamenti commerciali e ai contatti umani.
Alla Strada Statale n. 461 Voghera-Varzi-Bobbio aperta al traffico nel 1852, si aggiunsero, intorno al 1870, la Godiasco-Val Ardivestra e la Casteggio-Val Coppa-Borgoratto Mormorolo; nel 880 la Ponte Nizza-S. Albano, che successi- vamente prosegu ì sia verso Torre degli Alberi sia verso Valverde-Bivio di Zavattarello; nel 1874 la Varzi-Zavattarello, mentre, già dal 1867, era iniziato il tronco Stradella-Val Versa-Zavattarello e nel 1880 la diramazione tra Zavattarello e Romagnese; nel 1890 da Varzi partiva la provinciale del Brallo attraverso Casanova Staffora. Si era cioè tracciata quell'ossatura viaria. ampliata ed asfaltata in seguito ed ulteriormente arricchita di nuovi collegamenti: vie comunque che hanno offerto maggior vivacit&agravà e favorito il sorgere di nuovi insediamenti.
Riforma del 1923La Riforma burocratico-amministrativa, iniziata dal Governo dell'epoca ( 1923) , abol ì i Circondari di Voghera e di Bobbio e quasi dimezzò il numero dei Comuni, unificandoli. Il Bobbiese, propriamente detto, passò alla Provincia di Piacenza, come pure, in un primo tempo i Comuni dell'alta Val Tidone: Romagnese, Zavattarello e Ruino.
La « Provincia Madre »
La popolazione di questi Comuni, intimamente legata a Pavia, reag ì alle decisioni governative con proteste scritte, indirizzate alle competenti Autorità provinciali e centrali. Dopo varie vicende, tra cui la cosiddetta "marcia su Bobbio" degli uomini dell'alta Val Tidone, si effettuò il referendum del 27 febbraio 1925, cheò, quasi al 100%, la volontà di appartenere a Pavia, la "Provincia Madre": volontà accettata finalmente anche dalla Camera di Roma, a grandissima maggioranza (Cfr. Doc. e).
A riforma attuata, i Comuni della zona considerata assommavano a quindici: Pregola, S. Margherita Staffora, Menconico, Varzi, Ponte Nizza, Val di Nizza, Godiasco, Montesegale, Fortunago, Borgoratto Mormorolo, Borgo Priolo, Montalto Pavese, Ruino, Zavattarello e Romagnese.
La riduzione del numero dei Comuni aveva, come fu detto, tra gli altri scopi, anche quello di formare "organismi pi ù efficienti e con maggiori possibilità di sviluppo economico". Non subirono rilevanti modificazioni territoriali i Comuni di Brallo di Pregola, Menconico, Romagnese, Ruino, Fortunago, Montesegale, Rocca Susella, Borgoratto Mormorolo e Godiasco; mentre quelli di S. Ponzo, Pizzocorno, Trebbiano e Cecima costituirono il nuovo Comune di Ponte Nizza; VaI di Nizza assorb ì S. Albano; Zavattarello inglobò Valverde ; Varzi unif ìcò i Comuni di Bagnaria, Sagliano e metà à andò ad ingrandire il Comune di S. Margherita Staffora.
L 'ultimo dopoguerra
Tali delimitazioni amministrative si mantennero inalterate fino al 1947, anno in cui Bagnaria riacquistò al sua autonomia. Nel 1956 gli ex-comuni di Cecima e di Valverde ridivennero indipendenti rispettivamente da Ponte Nizza e da Zavattarello. Nessun'altra modificazione è intervenuta fino ad ora; per cui i Comuni che attualmente formano la Comunità Montana dell'Oltrepo Pavese assommano a diciannove e si denominano precisamente: Brallo di Pregola. S. Margherita Staffora, Menconico, Varzi, Bagnaria, Ponte Nizza, Val di Nizza, Cecima, Godiasco, Rocca Susella, Montesegale, Fortunago, Borgoratto Mormorolo, Montalto Pavese, Borgo Priolo, Ruino, Valverde. Zavattarello e Romagnese.
(Da Paesi e Gente di quass ù, Varzi 1979) |